Carlo Guidetti è stato definito ’fotografo di emozioni” e non potrebbe essere altrimenti. Il mondo esterno assume nuove sembianze derivanti dalle percezioni, più che dalla registrazione meccanica delle Immagini. Dalle emozioni scaturiscono le opere di Guidetti che, in fase di rielaborazione grafica, intraprende un percorso intimista ed introspettivo, atto a soffermarsi sulle sensazioni che il mondo esterno suscita. Non è, infatti, la realtà tal quale quella cristallizzata dal suo obiettivo, quanto, piuttosto, l’immagine fuori dal tempo e fuori dallo spazio che esterna un modo di sentire. Un valore, questo, che si fonde con il sentire dei fruitori, degli osservatori, in cui, il modo di guardare simboleggia il percorso che parte daII’occhio e dalla mente del fotografo emiliano, e giunge all’occhio e alla mente dello spettatore, il tutto, naturalmente, viaggiando sulla scia delle emozioni che in Guidetti prima, e neII’osservatore poi, diventa il tro/t d’union dell’intera sua poetica artistica. La fotografia, sin dai suoi albori, funziona, per così dire, concettualmente quando serba in sé queste caratteristiche — e se non tutte, almeno parte di esse —: memoria, identificazione, certificazione, mantenimento, sostituzione, stravolgimento della presenza/assenza, parallelismo con la realtà virtuale e voyerismo. Guardare una fotografia è, infatti, guardare l’atto del guardare, con tutto ciò che ne consegue. Il fotografo Edward Weston, affermava che “variando Io posizione della macchina, /’ongo/oturo o la profondità focale dell’obiettivo, il fotografo può ottenere un numero infinito di composizioni con un solo soggetto immobile… solo una lunga esperienza renderà capace il fotografo di subordinare le considerazioni tecniche agli scopi pittorici.” Secondo tutte queste azioni teoriche si svolge il Lavoro di un fotografo e così è per Carlo Guidetti, che opta per un mélange unico, originale, che cede volentieri alla sperimentazione. La sua ricerca comprende un’analisi che guarda anche allo spazio umano, ovvero quelle delle città, dei luoghi abitati e pone le sue basi sulla sua professione di ingegnere e, da questo doppia sentire, matematico, se vogliamo, e sensibile, si sviluppa l’idea di creare una realtà che, partendo daII’oggettiva osservazione, possa spostarsi su un altro livello, che abbia in sé qualcosa di nuovo, non già e non solo da un punto di vista formale – Che comunque, ammirando le sue fotografie, si evince — quanto da un punto di vista psicologico. Il porsi al bivio tra mondo sensibile e mondo intellegibile è modus operandi di Guidetti ma, al contempo, deve necessariamente essere anche il modus fruendi della sua arte.

AA.VV.

Carlo Guidetti has been defined as a ‘photographer of emotions’ and it couldn’t be otherwise. The external world takes on new appearances deriving from perceptions, rather than from the mechanical recording of Images. Guidetti’s works arise from emotions and, in the graphic reworking phase, he undertakes an intimate and introspective path, aimed at dwelling on the sensations that the external world arouses. In fact, it is not reality as such that is crystallized by its lens, but rather the image outside of time and outside of space that externalizes a way of feeling. This is a value that merges with the feelings of the users, of the observers, in which the way of looking symbolizes the path that starts from the eye and mind of the Emilian photographer, and reaches the eye and mind of the spectator, all of this, naturally, traveling in the wake of the emotions which in Guidetti first, and then in the observer, becomes the tro/t d’union of his entire artistic poetics. Photography, since its dawn, functions, so to speak, conceptually when it retains within itself these characteristics – and if not all, at least part of them -: memory, identification, certification, maintenance, substitution, distortion of presence/absence, parallelism with virtual reality and voyeurism. Looking at a photograph is, in fact, looking at the act of looking, with all that entails. The photographer Edward Weston stated that “by varying the position of the camera, the lens or the focal depth of the lens, the photographer can obtain an infinite number of compositions with a single immobile subject… only long experience will make him capable of the photographer to subordinate technical considerations to pictorial purposes.” According to all these theoretical actions, the work of a photographer takes place and so it is for Carlo Guidetti, who opts for a unique, original mélange that willingly gives in to experimentation. His research includes an analysis that also looks at human space, that is, those of cities, inhabited places and lays its foundations on his profession as an engineer and, from this double feeling, mathematical, if we want, and sensitive, develops the the idea of ​​creating a reality which, starting from objective observation, can move to another level, which has something new in itself, not already and not only from a formal point of view – Which however, admiring his photographs, one it is evident – as much as from a psychological point of view. Positioning oneself at the crossroads between the sensitive world and the intelligible world is Guidetti’s modus operandi but, at the same time, it must necessarily also be the modus fruendi of his art.

AA.VV.