L’incontro con l’arte è sempre una conoscenza nuova. L’iter creativo dell’artista conosce diverse tappe che nascono una dopo l’altra e una dall’altra per poi svilupparsi parallelamente. Si individuano, in particolare, tre grandi versanti dell’operato di Benassi che illustrano, in maniera più esaustiva, le basi della sua poetica. Si rende necessaria, dunque, la loro illustrazione per chi non solo vuole comprendere la pittura, ma conoscere tramite essa, personalmente, l’animo del suo creatore. La prima fase, fortemente sperimentale, è quella che Benassi stesso definisce ”materica”. Si osserva un operato eclettico, composto da materiali eterogenei, radunati con tecniche diverse in lavori assemblativi, più che materici, monocromatici. L’assenza di una abbondanza cromatica è il bilanciamento necessario per la saturazione materica. Questo atteggiamento creativo tradisce già una visione globale e illimitata della fenomenicità, intesa solo come “alibi poetico” per un’operazione di per sé lontana dall’empirico e dedicata da ora in poi al trascendente. Il desiderio di narrare quest’ultimo senza il logico distacco decontestualizzante dal reale dimostra la preoccupazione dell’artista di offrire un’arte immediata e intellegibile a livello percettivo e , al contempo, coinvolgente e commovente a livello sensitivo. L’attenzione sulla pura ed essenziale bellezza naturale permette all’artista di sviluppare un discorso sempre più meditativo. I fili d’erba accarezzati dal vento, gli arabesque di spine sono elementi quasi calligrafici che tradiscono l’interesse per shu, il vasto termine giapponese comprendente la scrittura, la pittura, la danza, la musica in un solo gesto creativo, in un solo “percorso” che conduce, tramite un perfezionamento tecnico, a un affinamento interiore dell’individuo. Attualmente Sauro Benassi attraversa la fase più aniconica del suo lavoro, chiamata anche Darshan. Il darshan, la nozione sanscrita, è l’ultimo bastione sacro di un senso fisico che ha perso gran parte della sua magia. Il darshan è il contatto visivo di quando dici “Voglio vederlo dal vivo” o di quando racconti agli amici che sei stato nel tal posto e “L’ho visto”. L’attimo in cui il sacro diventa tangibile è espresso dall’artista nella sperimentazione cromatica e materica concentrata sulla produzione di una visione talmente armonica da diventare ipnotizzante per l’occhio osservatore.
Denitza Nedkova
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